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Il museo dell’Occhiale

raccontato da Mario Rosso

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La storia dell’occhiale

Da ELOGIO DEGLI OCCHIALI di A. Conforti e M. Schiaffino

ediz. Idea Libri

Non gli Egizi e neppure i Cinesi. Non i Greci e neppure i Romani. Non gli Arabi, non i Normanni. Non i Maya né gli Aztechi. Tutti i grandi popoli dell’antichità, protagonisti di civiltà meravigliose e spesso sorprendenti per “modernità”, furono condannati – quando la loro vista era imperfetta – all’impotenza a correggerla e migliorarla.

Quel piccolo accessorio indispensabile che sono gli occhiali arrivò tardi a diradare le nebbie della storia. Superati quei secoli che poi vennero definiti “bui”, in un Medioevo già fervido di opere e di conquiste in ogni campo, qualcuno un bel giorno, si accorse che un pezzo di vetro curvo posto davanti agli occhi stanchi e ormai appannati dall’età poteva rendere chiaro – oh miracolo! – ciò che si vedeva attraverso… Così nacque l’occhiale, l’epoca non è ben certa si pensa nel 1300, infatti in questo periodo compaiono documenti scritti e iconografici che ne testimoniano l’esistenza in due zone dell’Italia: la Toscana ed il Veneto. Binocoli e cannocchiali dell’Ottocento Stabilito che l’origine degli occhiali è tutta italiana, la paternità dell’invenzione restò per decenni contesa tra la Valle dell’Arno e la laguna veneta.

Attualmente dagli ultimi studi pare che la paternità dell’invenzione sia di origine veneta e si colloca approssimativamente verso il 1285, epoca nella quale un anonimo artigiano, forse un addetto alla lavorazione dei vetri tondi che si utilizzavano nelle finestre, notò le deformazioni ottiche causate dalla curvatura di un pezzo in lavorazione. Da quella casuale osservazione iniziarono probabilmente sperimentazioni e miglioramenti del tutto empirici, basati su un lento e paziente lavoro di molatura dei cristalli. Ma la strada era ormai tracciata: la distinzione tra lente di ingrandimento e lente correttiva era definitivamente delineata. L’inventore degli occhiali fu dunque un artigiano, ovvero un uomo di modesta cultura ma di grande ingegno; ciò spiega, almeno in parte, la mancanza di documenti intorno all’invenzione.

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